Servizio civile universale: un aiuto per la comunità, un’occasione per i giovani

Il Position paper ASviS ripercorre l’evoluzione dell’istituto e ne evidenzia il valore. Un’opportunità per ragazze e ragazzi di formarsi una coscienza civile e democratica, rileggere la propria vita e misurarsi con impegni concreti.                                                      

“Parteggiare, partecipare, prendere posizione. Superare la posizione statica dell’indifferenza, la falsa comodità dell’inazione sociale”. Con queste parole, parafrasi della celebre citazione di Gramsci, la presidente dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile Marcella Mallen introduce il Position paper “Il Servizio civile universale: giovani, cittadinanza e pace”, redatto dal Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 16 “Pace, giustizia e istituzioni solide”.

Il documento, pubblicato il 20 ottobre in occasione dell’evento di chiusura del Festival dello Sviluppo Sostenibile, intende ripercorrere l’evoluzione del Servizio civile universale (Scu), a partire dalla sua nascita, e far cogliere l’importanza e il valore che ricopre sia per la comunità, sia per i giovani che decidono di intraprendere questa esperienza. Il Position Paper è frutto del lavoro e del costante confronto avvenuto in questi mesi tra i coordinatori del Gdl 16 “Pace , giustizia e istituzioni solide”,  Diva Ricevuto e Filippo Salone, i componenti del Gdl ed esperti esterni e si è avvalso in particolare della collaborazione con la Conferenza nazionale enti servizio civile (Cnesc). Il testo, pubblicato nell'anno della ricorrenza del 50esimo anniversario dell'istituzione nel 1972 del Servizio Civile, nasce dall'esigenza di approfondire il ruolo del Servizio civile Universale come strumento di pace positiva e di cittadinanza buona, con cui dare un ruolo proattivo di integrazione alla vita pubblica alle giovani generazioni, strettamente collegato agli Obiettivi dell’Agenda 2030, e in particolare a quelli proposti dal Goal 16 che lega tra loro “pace”, “giustizia” e “istituzioni solide”.

Nella sua introduzione, infatti, la presidente ASviS ricorda che “attraverso l’opportunità di rispondere ai bisogni della comunità, prendersi cura dell’interesse generale, contribuire alla protezione dell’ambiente, adoperarsi per la pace – tra le altre cose - il servizio civile rappresenta per i giovani una straordinaria occasione di crescita e di apprendimento”. Un’esperienza che mette in moto persone ed energie che rappresentano “un elemento di speranza e di ottimismo per la rigenerazione del Paese e per l’affermazione dell’Agenda 2030 in Italia”.

Un legame, quello tra il Scu e i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile, che non si realizza solo da un punto di vista di comunione di intenti. Infatti, il decreto del 4 novembre 2019 che approva il Piano triennale 2020-2022 per la programmazione del Servizio civile universale “pone le sue fondamenta sull’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile”. Nel piano, in cui si menziona il Rapporto ASviS, sono individuati 11 obiettivi coerenti con quelli delineati dall’Agenda 2030.

 L’istituzione del Servizio civile universale

Il Servizio civile universale, spiega il testo, è il diretto erede del servizio civile nato dalla necessità per lo Stato di fornire una alternativa ai giovani che agli inizi degli anni 1970 rifiutavano di prestare servizio nelle forze armate, abbracciando ideali pacifisti e nonviolenti. Pierluigi Consorti, professore ordinario dell’Università di Pisa, tra i redattori del Position paper, afferma che “il servizio civile si radica nell’obiezione di coscienza all’arruolamento obbligatorio, e diventa il luogo istituzionale di una nuova modalità di difesa della Patria, tradizionalmente riservata solo alle forze armate”.

Con la professionalizzazione delle forze armate cominciata nel 2000 e la conseguente sospensione del servizio militare obbligatorio, “il servizio civile non fu soppresso, bensì ha continuato a esistere e anzi ad ampliarsi”, recita il documento. Oltre alla forma comune del Scu, in Italia e all’estero, viene anche riportata l’esperienza dei Corpi civili di pace, un “contingente” di giovani che attraverso il servizio civile promuove nel mondo i valori della pace positiva e dell’intesa come cessazione della violenza per risolvere conflitti. Il documento sottolinea che le volontarie e i volontari che hanno preso parte ai Corpi civili di pace operano in “una dimensione etica di alta caratura civile, intervenendo come terze parti per prevenire l’aggravarsi della situazione e per trasformare il conflitto attraverso attività di mediazione e riconciliazione”, in modo da “generare soluzioni di crisi non armate e nonviolente, costruite insieme agli attori e alle comunità locali”.

I soggetti del Servizio civile universale

Se Stato centrale, Regioni e Province autonome costituiscono l’infrastruttura istituzionale che rende possibile l’esercizio del Scu, gli enti accreditati e i giovani ne sono il nervo pulsante. Alessandro Costa, professore universitario ed esperto in relazioni internazionali, nonché uno degli autori del documento, evidenzia l’importanza che ha il Scu per i giovani. Partendo soprattutto dall’”effetto utile” che deve avere questo istituto, il docente delinea alcuni aspetti che devono essere presi in considerazione rispetto al Scu. Per esempio, viene evidenziata “la capacità del servizio civile di contribuire alla coscienza civile e democratica dei giovani”, soprattutto partendo dal fatto che molte istituzioni pubbliche o associazioni in cui viene svolto il Scu offrono servizi per le diverse componenti della comunità umana, in Italia e all’estero. Inoltre, viene sottolineato il fatto che il Scu può essere per molti giovani un “momento di passaggio, di ridefinizione, di rilettura della propria vita sia a livello personale che professionale, indirizzando future scelte di impegno e lavoro”, ma anche una esperienza che “permette di misurarsi con impegni concreti, con assunzioni di responsabilità, sperimentandosi in prima persona”.

Gli enti accreditati, pubblici o privati, sono le realtà in cui effettivamente si svolge il Scu. Il 27 aprile 2022, la Camera dei deputati ha votato una mozione unanime che ha riconosciuto lo stile gestionale del Scu, sottolineando che deve essere applicato “in modo collaborativo e non top down” e dove “le funzioni degli enti di servizio civile hanno particolare rilevanza”. Il documento li definisce come “enti di varia natura giuridica e organizzativa, con diverse mission” ed evidenzia che “ai fini della qualità educativa dell’esperienza, fondamentale è il significato attribuito dall’organizzazione all’impiego dei giovani”. Salvo singoli episodi negativi, “emerge in larga maggioranza un sistema corretto”.

Proposte e conclusioni

Infine, riaffermando il “solido e strutturale legame” tra l’Obiettivo 16 dell’Agenda 2030 e il Servizio civile universale, il Position paper pone alcuni spunti e stimoli. Il documento propone di:

  • riaffermare senza ambiguità̀ la dimensione della pace e del rifiuto e contrasto della violenza e della guerra in ogni sua manifestazione, combinate con la tutela e la piena realizzazione dei diritti umani quale pilastro costitutivo e fondante del servizio civile;
  • valorizzare il servizio civile come motore di sostenibilità, intesa in primo luogo in chiave sociale, etica, civica, imperniata sull’assunzione da parte degli individui di una corresponsabilità̀ nell’esercizio partecipativo della funzione pubblica;
  • investire in modo deciso e prospettico sul Scu, uscendo senza indugi dal regime di precarietà e incertezza che ha contrassegnato nel passato più o meno recente alcune tappe della storia dell’Istituto;
  • promuovere la naturale e ineludibile tensione dell’Istituto verso una compiuta universalità̀, intesa come opportunità da riconoscersi alla totalità dei giovani titolati che intendano aderire a questa “chiamata verso il bene comune e l’auto-realizzazione”;
  • promuovere il servizio civile come strumento di (ri)composizione e soluzione di conflitti, capace di produrre legami non per omologazione ma per arricchimento derivante dal riconoscimento della diversità dell’altro;
  • sottolineare l’indivisibilità e unitarietà dell’Istituto, a prescindere dai settori, ambiti, luoghi, tempi dell’intervento e di maturazione dell’esperienza, presentando in tutte le articolate forme e manifestazioni progettuali che si susseguono negli anni una proposta di valore unitaria e una matrice comune;
  • ribadire con forza il legame ontologico tra il Scu e il valore della partecipazione civica, sia in forma individuale che organizzata;
  • affermare la vocazione alla mondialità dell’Istituto, non limitata ai soli progetti all’estero, imperniata sull’unione indissolubile tra popoli e storie personali, che crea incastri e legami saldi e fruttuosi alla base stessa dell’idea di pace, istituzioni solide, vera giustizia.


di Milos Skakal

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giovedì 20 ottobre 2022